Il carcinoma della mammella è, come noto, il tumore più frequente del sesso femminile (24.9% del totale dei tumori) e rappresenta la prima causa di morte per tumore (17,1%). In base ai dati forniti dal Registro Tumori, nel nostro paese, ogni anno, il carcinoma mammario colpisce ancora oltre 32.000 donne e causa quasi 12.000 decessi.
Attualmente la sua cura non può essere demandata ad un singolo specialista, ma necessita dell’intervento di molteplici figure professionali (si parla appunto di trattamento multidisciplinare) che trova la sua espressione ultima nella cosiddetta “Breast Unit”.
Nella Breast Unit il chirurgo oncologo, il chirurgo plastico, il radiologo, l’oncologo-radioterapista, l’anatomo-patologo, lo psicologo e il fisioterapista collaborano al fine di offrire alla paziente il trattamento più idoneo.
La collaborazione e la discussione tra i componenti della Breast Unit, sono necessari, perché la terapia del carcinoma mammario non può essere standardizzata meccanicamente, bensì programmata sulla singola paziente e sul singolo caso clinico. Il mutamento del rapporto medico paziente, non più paternalistico, insieme alla disponibilità, praticamente illimitata, di informazioni non sempre attendibili rendono indispensabile il confronto tra componenti della Breast Unit, paziente e medico di Medicina Generale, per realizzare la condivisione delle scelte terapeutiche.
Importanza della diagnosi precoce
Il mezzo più efficace per contrastare e combattere il tumore della mammella è senza dubbio la Diagnosi Precoce. Scoprire un tumore in fase iniziale consente di poterlo affrontare con una elevata possibilità di guarigione (superiore al 90%). È quindi fondamentale l’azione preventiva, poiché il carcinoma della mammella è una patologia la cui incidenza è in costante e pericolosa ascesa, soprattutto nelle giovani donne (30-40 anni). Una diagnosi tempestiva comporta una forte riduzione del tasso di mortalità senza, peraltro, produrre gravi danni alla paziente. Dal punto di vista diagnostico-strumentale, la Mammografia rimane l’esame più importante per la diagnosi precoce del carcinoma mammario e può essere utilizzata in tutte le fasce di età. L’Ecografia è l’esame complementare per eccellenza, dotata anch’essa di grande affidabilità e capacità diagnostica, aumenta la sensibilità della mammografia soprattutto se impiegata in giovani donne.
Da qualche anno la Risonanza Magnetica ha trovato un ruolo importante nella pratica clinica quotidiana, ma essendo metodica sofisticata e costosa viene riservata ai casi più complessi e alla ricerca del tumore in donne ad elevato rischio genetico. Esistono infine una serie di tecniche bioptiche mini invasive che sostituiscono la biopsia chirurgica tradizionale aumentando la specificità delle altre tecniche. Vengono eseguite in ambulatorio con il minimo disturbo per le pazienti.
Relativamente al tipo di lesione ed alla metodica che l’ha individuata possono essere eseguite sotto guida ecografica o mammografica (radiostereotassica), con aghi sottili per raccogliere cellule e con aghi di maggior calibro per raccogliere frammenti di tessuto nel contesto della lesione.
Importanza di una corretta valutazione anatomo-patologica
Il laboratorio di Anatomia Patologica riceve ed analizza piccoli campioni di tessuto prelevati con tecnica agoaspirativa/ago bioptica e campioni da asportazione chirurgica inviati dalla sala operatoria (noduli, settori, ghiandola in toto). L’anatomo patologo, dopo accurata osservazione, formula la “Diagnosi Istologica” che definisce la natura della malattia e specifica alcune sue caratteristiche. I contenuti della diagnosi integrati da raffinate indagini immunoistochimiche degli indicatori prognostici di malignità associati a valutazioni cliniche e strumentali sono utilizzati dal chirurgo per deci- dere nel miglior modo possibile il tipo di intervento da eseguire e dall’oncologo per pianificare l’eventuale radio/chemioterapia. L’anatomo-patologo, invisibile alle pazienti che non lo incontrano mai direttamente, le segue lungo il loro iter ospedaliero: all’inizio con la prima diagnosi, nella fase intermedia con esami integrativi (ad esempio con l’esame del linfonodo sentinella per stabilire se eseguire o meno l’adenectomia ascellare), nella fase conclusiva con l’analisi del campione chirurgico definitivo.
Trattamento chirurgico
Diversi sono gli interventi utilizzati per il trattamento del carcinoma della mammella. Attualmente la Chirurgia Oncologica si integra con la Chirurgia Plastica Ricostruttiva (questa combinazione è conosciuta come Oncoplastica) e si propone di offrire a tutte le pazienti le soluzioni più valide per raggiungere il massimo di radicalità oncologica con il miglior risultato estetico. L’obiettivo della chirurgia oncoplastica è di asportare correttamente la neoplasia rispettando o incrementando il risultato cosmetico dell’esito chirurgico, migliorando, in tal modo, lo standard della chirurgia senologica. La chirurgia plastica è perciò parte irrinunciabile del trattamento del tumore. Oggi, la richiesta di chirurgia oncoplastica è in continuo costante aumento, da un lato perché il risultato estetico è diventato una preoccupazione del medico, dall’altro perché offre la possibilità di ridurre al minimo gli esiti invalidanti della chirurgia con maggiore con- sapevolezza, coinvolgimento e partecipazione decisionale da parte delle donna. Tutto ciò perché la terapia del tumore della mammella non debba più essere sinonimo di mutilazione per la donna e perché la cura del corpo non debba più essere causa di una malattia dell’anima. La Chirurgia oncoplastica, essendo una chirurgia oncologica che utilizza le tecniche della chirurgia plastica, non può essere standardizzata, bensì programmata sulla singola paziente e sul singolo caso clinico. Tra i diversi interventi impiegati per la ricostruzione mammaria, i principali sono:
1- Ricostruzione post-quadrantectomia: che prevede, in un unico tempo operatorio, l’asportazione della neoplasia e del rispettivo quadrante, il rimodellamento della ghiandola residua e l’eventuale simmetrizzazione della mammella contro laterale.
2- Ricostruzione post-mastectomia: che prevede, in un primo tempo, l’asportazione della mammella sede del tumore, con o senza linfoadenectomia ascellare, alloggiamento sottomuscolare dell’espansore cutaneo e simmetrizzazione contro laterale. A questo proposito è da segnalare come, nell’ottica di eseguire interventi oncologicamente corretti ma con danno estetico minore possibile, si siano affermate tecniche quali la mastectomia con risparmio della cute (skin sparing mastectomy) e la mastectomia con risparmio del capezzolo (nipple sparing mastectomy). Successivamente, ad espansione avvenuta e stabilizzata (4-6 mesi) si procede al 2° tempo chirurgico con sostituzione dell’espansore con la protesi definitiva. Terzo ed ultimo tempo, la ricostruzione del complesso areola-capezzolo.
In casi rari e selezionati si può procedere alla ricostruzione immediata con protesi definitiva. In presenza di complicanze quali radiodermite o assenza di copertura muscolo-cutanea si deve ricorrere alla ricostruzione con lembi (dorsale o addominale), o, in alternativa o in associazione alla infiltrazione di tessuto adiposo autologo (lipofilling), che grazie all’alto contenuto di cellule staminali presenti nel grasso, è in grado di rigenerare i tessuti sede dell’impianto.
Trattamento medico
La chirurgia rappresenta indubbiamente l’intervento cardine nel trattamento del carcinoma mammario; ciò nonostante una considerevole percentuale di pazienti sottoposte ad asportazione chirurgica, sviluppa una ricaduta della malattia entro un variabile periodo di tempo. Ciò viene spiegato dal fatto che alcune neoplasie hanno un elevato “potenziale metastatico”, per cui già nelle prime fasi di sviluppo del tumore, alcune cellule si staccano e migrano in regioni anatomiche distanti (micro metastasi): in questi casi si parla di patologia sistemica e non più d’organo (cioè limitata esclusivamente alla mammella) e pertanto la sola chirurgia non è sufficiente al conseguimento della guarigione. La terapia medica del carcinoma della mammella utilizza tre categorie di farmaci: farmaci chemioterapici (distruggono le cellule tumorali agendo sui processi di crescita delle cellule stesse); farmaci antiormonali (privano le cellule tumorali di specifici ormoni che hanno vitale importanza per l’attività cellulare); anticorpi monoclonali (stimolano il sistema immunitario a riconoscere e distruggere le cellule neoplastiche).
Le conoscenze mediche attuali in campo oncologico ci consentono di stabilire il grado di rischio che una specifica neoplasia può manifestare; infatti mediante la valutazione dei fattori prognostici di tipo ematologico, istologico, biologico e genetico, si è in grado di classificare il rischio in tre categorie: alto, medio e basso. Sulla base di questo verrà personalizzato il protocollo di trattamento per ogni singolo paziente.
Il ruolo della Radioterapia
Il ruolo della Radioterapia nel trattamento del carcinoma mammario si è andato evol- vendo nel tempo, in rapporto alle continue acquisizioni sulla storia naturale della
malattia ed al progresso tecnologico che ha permesso l’introduzione nell’uso clinico di apparecchiature sempre più sofisticate. In pratica, le principali indicazioni sono:
Dopo chirurgia conservativa (Quadrantectomia): la chirurgia conservativa, basata sulla rimozione del solo segmento di mammella comprendente la neoplasia, è ormai da considerare la terapia standard per tumori di dimensioni limitate. Il ricorso al trattamento radiante della mammella residua è giustificato, in questi casi, dalla necessità di sterilizzare eventuali foci neoplastici, multicentrici o nel letto operatorio, residuati all’intervento chirurgico. Nonostante siano stati effettuati vari studi, ed altri siano in corso, in cui le pazienti non sono state sottoposte a irradiazione, il trattamento radiante dopo chirurgia conservativa deve essere considerato ancora, nella pratica routinaria, parte integrante dell’approccio conservativo. Il tasso di recidive intramammarie, infatti, in casistiche non selezionate, è di solito inferiore al 10% nelle pazienti sottoposte a irradia- zione rispetto al 20-40% di quelle non sottoposte a tale trattamento.
Dopo Chirurgia radicale (Mastectomia): è limitata solo a casi particolari di tumori in fase avanzata con esteso coinvolgimento linfonodale loco-regionale.
In presenza di recidive loco-regionali.Intraoperatoria: ancora in fase sperimentale.
Fisioterapia postoperatoria
Di fondamentale importanza, all’interno di un trattamento multidisciplinare integrato, sono: la Fisioterapia postoperatoria per ottenere un più rapido recupero funzionale e per prevenire e trattare eventuali complicanze quali il braccio grosso (linfedema dell’arto superiore secondario a svuotamento del cavo ascellare), e il Supporto Psicologico che viene proposto di routine in tutti i pazienti oncologici con sedute individuali e di gruppo con coinvolgimento, qualora richiesto o necessario, anche del nucleo familiare.
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